“Imperfezioni” del Fotoclub Immagine Merano
Recensione a cura di Luca Chistè
foto visibili sul blog Fotografia e Didattica di Luca Chistè
Recensisco davvero con gioia questo lavoro perché sono rimasto molto impressionato dalla qualità tecnico/espressiva della rassegna:“Imperfezioni” del Fotoclub “Immagine” di Merano.
Le fotografie esposte presso la Sala Civica di Merano mi sono sembrate un ottimo esempio di progettualità sulla fotografia da parte di un’associazione che propone segnali di forte innovazione e, in qualche misura, in “controtendenza” alle tematiche più classiche che, spesse volte, provengono dal mondo fotoamatoriale.
Da diverso tempo, infatti (talvolta ascoltato e talvolta disatteso), sostengo che la contingenza storica e quanto sta succedendo intorno a noi non può più esimere i fotografi “amatori” dall’offrire un loro contributo, attraverso le immagini, per far riflettere o comprendere ciò che accade. Per questa ragione, trovo sempre meno attraenti le ricerche basate esclusivamente su aspetti contemplativi, formali o di mero esercizio calligrafico; siano esse più o meno organizzate in “portfolio” (di cui si parla, senza sostanziale novità, dal lontano 1990…).
Credo sia necessario, anche per chi opera nel mondo della fotografia amatoriale, offrire prospettive di analisi più moderne e, in un certo senso, più “impegnate” sotto il profilo contenutistico ed analitico rispetto ai temi della contemporaneità.
Questa ipotesi mi è parsa ben risolta nella rassegna di Merano. Forse perché è un’associazione con persone giovani e motivate, forse perché ha un responsabile di indiscusso carisma e grande serietà (Fabrizio Giusti), forse per la presenza di molte donne… Non importa. Non è sempre e comunque necessario essere analitici per comprendere le “cause”. Talvolta è sufficiente, e piacevole, limitarsi agli “effetti”.
Gli autori di “Imperfezioni”, hanno cercato di mettere al centro delle loro analisi, con risultati di assoluta eccellenza, temi complessi, figli di una lettura della nostra contemporaneità non facili da comprendere sotto il profilo delle dinamiche storiche e sociali e, ancor meno, attraverso le immagini.
Non ci sono fotografie di fiumi con riflessi color della prevedibilità o immagini con oggetti policromi che, sempre uguali a sé stesse, scivolano via dalla nostra attenzione. O altre cose – forse “carine” – ma davvero troppo viste e semplici da proporsi. Nelle (im)perfezioni meranesi ho visto racconti “densi”, strutturati, figli di una capacità di analisi che, prima ancora di essere Photoshop o Lightroom, è pensiero che diventa azione. Azione fotografica. Alcuni temi, fra i molti ed interessanti, devono essere citati: Fuori scena”, di Gigi Sommese, che, con una regia filmica, racconta della violenza perpetrata all’interno del rapporto di coppia con una nitidezza di stile e la capacità di lasciare un segno (anche grazie all’uso di un b/w di altissima qualità tecnica), forte e chiaro, nella coscienza del visitatore (con almeno un paio di fotografie da antologia). Idem per lo splendido racconto, legato al tema della pedofilia, affrontato con grande coraggio dall’autrice Chiara Boggian. Come scrive acutamente Gianni Gaetano nella presentazione della rassegna: “Una tematica sentita e discussa ad ogni livello sociale. Il pedofilo e la sua maschera. Si insinua tra la gente, gioca con l’innocenza, si pone al servizio che sa di beffa, ma poi l’abuso, l’omertà, il silenzio.. E’ un lavoro in dieci stampe in bianco e nero, la cui lettura ha il sapore della cronaca triste e reale: L’imperfezione prende il nome di “ Pedofilia “ che è una brutta storia, ma purtroppo Vera! “ Getta la maschera e fatti aiutare”. Un perentorio invito!”
Altre immagini potrebbero essere citate, come la fotografia, a tratti surrealista, di Remo Forcellini che, insieme al valore della proposta espressiva, ha il pregio di associare una competenza tecnica pienamente consapevole dei propri mezzi. O Eleonora Callierotti con una ricerca sull’omosessualità. Anche laddove il segno fotografico dei partecipanti sembra più indulgere al formale, l’impianto concettuale e calligrafico del discorso rimane sempre introspettivo ed analitico. Così è per la sequenza di Emanuela Laurenti – un’autrice della quale tornerò a parlare su queste pagine a breve, è delicatissima, elegante e molto raffinata. Nel suo set di gambe policrome, ironiche e scomposte, compare la radiografia di un trauma.. Imprevedibile ed intrigante gesto fotografico che pone lo spettatore nella piacevole situazione di dover rileggere, riconsiderandola, tutta la sequenza. L’imperfezione è svelata e con essa l’intrigo esistenziale della nostra fragilità.
Altri temi, tutti di rilevante attualità e riconducibili a quella matrice d’impegno culturale a cui ho fatto riferimento in apertura, potrebbero essere citati: “Slot Paradise” di Fabrizio Giusti sul tema della dipendenza da gioco, o la psicologica visione di Viviana Morandi che, ancora riprendendo il testo di Gianni Gaetano: “Cronaca di uno stato d’animo che tra rinunce e speranze, tra attese e delusioni porta una ragazza “alla visione distorta della realtà”, come sottolinea l’autrice nel suo commento. Una desiderata, ma mai avvenuta maternità ne è la causa del sopra avvenuto stato depressivo. Un racconto che scuote il visitatore rendendolo partecipe di profonde emozioni.” Ed ancora, l’intrigante opera, figlia di un acronimo, diCatello Nigro che pervade la scena con una figura femminile ricca di significati ed interrogativi, debitrice di una riuscita riflessione concettuale sul tema.
Questa è una realtà fotografica viva, capace di dotarsi di una progettualità che può portare sia l’associazione, sia i singoli autori, molto oltre la soglia del fotoamatorismo.
Un’ultima osservazione sulla qualità della stampa (realizzata con carte molto pregiate) e l’allestimento: eccellenti entrambi, a conferma di una coerenza di pensiero e azione che dimostrano quanta cura dedicata all’intero progetto espositivo.
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